Terni, area di crisi complessa

Confartigianato si schiera a favore: “Non possiamo restare a guardare senza far nulla”

 “È sconcertante pensare che esistano opportunità e risorse in grado di poter rilanciare il nostro territorio in termini di infrastrutture, messa in campo di misure concrete per le imprese, e ci perdiamo in riflessioni sterili”. Giuseppe Flamini, presidente della Confartigianato di Terni si schiera ufficialmente tra coloro che reclamo il riconoscimento dell’area di crisi complessa per il comprensorio ternano, la proposta lanciata dal segretario della Camera del lavoro Attilio Romanelli, sostenuta dalla Cgil regionale e decisamente contrastata dal leader della Confindustria ternana Stefano Neri: “In tal modo – ha detto – vogliono ancora una volta umiliare questo territorio definendolo come territorio che non sa badare a sé stesso”.
Impossibile restare a guardare senza intervenire. E’ chiaro il riferimento ai dati allarmanti diffusi dalla Camera di Commercio che mostrano ben 1440 le aziende cessate in provincia di Terni.
La necessità di chiedere al ministero dello sviluppo economico il riconoscimento di stato ‘area di crisi complessa’ “E’ condivisibile – prosegue Flamini –  a partire dai dati inconfutabili che parlano di una situazione che dal 2008 ad oggi, ha visto il sistema imprenditoriale ternano stremato per ciò che riguarda tutti i settori: industria, commercio, artigianato, agricoltura, servizi”.
Il grido d’allarme di Flamini, oltre che riferito a dati oggettivi “riguarda gli effetti devastanti su imprese e lavoratori, che innescano una profonda recessione e crisi nell’economia reale portando 1.139 unità lavorative in meno per quel che riguarda i dati occupazionali”.
Il riconoscimento di area di crisi complessa, rappresenta dunque uno strumento fondamentale “per lavorare alla ripresa dell’economia locale, tutelando il territorio con investimenti necessari. Come possiamo ignorare le nostre industrie e le imprese artigiane e piccole e medie imprese che costituiscono l’indotto del polo siderurgico e del polo chimico. La nostra comune azione – conclude – non dovrebbe avere altri obiettivi che quello di rimettere al centro il lavoro per far ripartire l’economia”.

 

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