I soggetti più a rischio sono gli operatori sanitari, l’Usl Umbria 1 attiva un piano per contrastare il fenomeno
La Usl Umbria 1 ha stilato una mappa dei luoghi ritenuti più a rischio. Ai primi posti si trovano le residenze protette, i Pronto soccorso ma anche le strutture per malati psichiatrici. È in questi luoghi che la conflittualità sociale, esasperata dai tempi di crisi si manifesta con più frequenza. Ambiti in cui non di rado gli operatori si trovano a dover fronteggiare gli improvvisi scatti d’ira che sfociano in vere e proprie aggressioni sia da parte dei pazienti che dei loro accompagnatori. Come è accaduto al Pronto Soccorso dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni, lo scorso gennaio quando un uomo che accompagnava il padre per una visita, dopo aver inveito contro gli infermieri, ha ferito tre agenti della Squadra Volante intervenuti dopo la chiamata.
La situazione in Umbria – Nel 2013 in Umbria sono state 1439 le denunce per malattie professionali. I dati relativi esclusivamente alle aggressioni, potrebbero essere sottostimati. Spesso, infatti, questo tipo di “infortunio” non viene denunciato. Nella Usl Umbria 1 dal 1999 sono stati registrati 185 casi di aggressione in ambito lavorativo (13 nel 2014). Le vittime sono soprattutto gli infermieri (143) a seguire i medici (14), poi gli Oss (12), personale Ota (5) e altri operatori della sanità (11).
Anmil “prendersi cura di chi cura” – Gli operatori sanitari sono i soggetti più i pericolo da questo punto di vista. L’Anmil di Terni ha presentato “Prendersi cura di chi cura” uno studio condotto a livello nazionale che pone l’attenzione sulla sicurezza e la tutela delle donne che operano nel campo dell’assistenza sanitaria.
Relativamente alle aggressioni o alla violenza da parte di estranei, dei circa quattromila infortuni indennizzati complessivamente dall’Inail nel 2013 in Itali, circa 1.200, pari a quasi un terzo del totale – precisa l’Anmil – sono avvenuti nella sanità, e di questi ben il 71% (851 casi) ha interessato la componente femminile. Si tratta in genere di aggressioni da parte di pazienti, dei loro parenti o di altri utenti.
Le ripercussioni sulla qualità della vita e nella gestione familiare di chi subisce aggressioni in ambito lavorativo sono piuttosto pesanti e si traducono il 600mila giornate perse in un anno.
Come si manifesta la violenza – La violenza sul lavoro – secondo l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro – rappresenta un grave dei pericoli occupazionale. Comprende insulti, minacce o aggressioni fisiche. I disturbi da stress post-traumatico che ne derivano possono portare ad assenza per malattia e scarso rendimento sul lavoro.
Come intervenire – In linea con le raccomandazione del ministero della salute, la Usl 1, ha illustrato un programma di interventi che prevede un sistema di rilevazione ed analisi diretta del fenomeno, una formazione specifica sulla comunicazione al paziente e ai familiari e un programma di elaborazione di informazioni per gestire in modo adeguato le relazioni tra operatori e pazienti/parenti, al fine di evitare alterchi nel corso delle attività assistenziali, che ledono dal punto di vista psicologico gli operatori e intaccano il senso di fiducia e di appartenenza della popolazione nei confronti del Servizio sanitario nazionale.
Inoltre l’azienda da alcuni anni si sta muovendo in modo sistematico per creare spazi e strutture adeguati alle nuove necessità assistenziali: nuove Rsa per l’assistenza post-acuzie (ospedali di Gubbio-Gualdo Tadino, Città di Castello e a breve di Umbertide), nuove strutture di ricovero (ospedale della Media Valle del Tevere), riqualificazione di vecchie strutture (ospedali di Assisi e Castiglione del Lago), nuovi spazi per i servizi territoriali (servizi di rabilitazione a Città di Castello, Casa della Salute di Marsciano).
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