Lazio, Marche, Veneto, Lombardia e Piemonte sul podio delle regioni che producono più ricchezza con la cultura. Nella mappa delle province a occupare le prime posizioni sono: Arezzo, Pesaro e Urbino, Vicenza, Pordenone, Treviso, Roma, Macerata, Milano, Pisa e Como
Ecco i dati di ‘Io sono cultura’, il rapporto annuale di Symbola e Unioncamere che ‘pesa’ cultura e creatività nell’economia nazionale
Le impresa culturali creative producono 78,6 miliardi di valore aggiunto e ne muovono 227, il 15,6% della ricchezza prodotta
Le imprese che investono in creatività esportano e crescono di più di quelle che non lo fanno
Le imprese delle filiere culturali e creative producono 78,6 miliardi di valore aggiunto e ‘attivano’ altri settori dell’economia arrivando a muovere complessivamente il 15,6% del valore aggiunto nazionale, equivalente a 227 miliardi di euro. Tanto vale nel 2014 il sistema produttivo culturale e creativo, un dato comprensivo del valore prodotto dalle filiere culturali e creative, ma anche da quella parte dell’economia nazionale che viene attivata dalla cultura, a cominciare dal turismo. È quanto emerge dal Rapporto 2015 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi” elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere con la collaborazione e il sostegno dell’assessorato alla cultura della Regione Marche e di FriulAdria, presentato questa settimana a Roma alla presenza del ministro Franceschini dal Segretario Generale di Unioncamere Gagliardi, dal presidente di Symbola Realacci e dal presidente di Unioncamere Dardanello.
Geografia della cultura
Le province – La provincia di Arezzo si conferma al primo posto in Italia sia per valore aggiunto, che per occupati legati alle industrie culturali (rispettivamente 9,3% e 10,8% del totale dell’economia). Nella classifica provinciale per incidenza del valore aggiunto del sistema produttivo culturale e creativo sul totale dell’economia, seguono Pesaro Urbino e Vicenza, attestate rispettivamente sulla soglia dell’8 e del 7,8%, Pordenone al 7,7% e Treviso e Roma, entrambe al 7,6%. Quindi Macerata con il 7,4%, Milano al 7%, Pisa al 6,9%, Como idem. Dal punto di vista dell’incidenza dell’occupazione del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia, come anticipato, è sempre Arezzo la provincia con le migliori performance. Ma subito dopo troviamo Pesaro Urbino (9,3%), Vicenza e Treviso (entrambe al 9%), Pordenone (8,5%), Pisa e Macerata (entrambe con 8,3%). E poi ancora Firenze (8%), Como (7,8%) e Milano (7,6%).
Le macro-aree – Quanto alle macroaree geografiche, è il Centro a fare la parte del leone: qui cultura e creatività producono un valore aggiunto di 19,9 miliardi di euro, equivalenti al 6,3% del valore aggiunto totale dell’economia locale. Seguono da vicino il Nord-Ovest, che attraverso l’industria culturale crea ricchezza per oltre 28,2 miliardi di euro (il 5,8% della propria economia) e il Nord-Est, che sempre dal settore delle produzioni culturali e creative vede arrivare 17,6 miliardi (5,3%). Staccato il Mezzogiorno, che dalle industrie culturali produce valore aggiunto per 12,7 miliardi di euro (4%). La stessa dinamica si ritrova anche per l’incidenza dell’occupazione creata dalla cultura sul totale dell’economia.
Le regioni – Passando alle regioni, in testa alla classifica per incidenza del valore aggiunto di cultura e creatività sul totale dell’economia, ci sono quattro realtà in cui il valore del comparto supera il 6%: Lazio (prima in classifica con il 7%), Marche (6,6%), Veneto (6,3%) e Lombardia (6,2%), quindi Piemonte e Friuli Venezia Giulia (entrambe a quota a quota 5,7%), quindi Toscana al 5,5%, Umbria al 4,8%, Basilicata al 4,6% e a seguire Trentino Alto Adige, Abruzzo e Campania attestate sul 4,5%.
Incidenza dell’occupazione – Considerando, invece, l’incidenza dell’occupazione delle industrie culturali sul totale dell’economia regionale la classifica subisce qualche variazione: le Marche sono in vetta a quota 7,2%, segue il Veneto a quota 7,1%, quindi Toscana e Lazio al 6,7%, poi Friuli Venezia Giulia e Lombardia entrambe al 6,5%, Piemonte (6,1%), Valle d’Aosta (5,9%), Basilicata (5,7%).
Prime province per incidenza di valore aggiunto e occupazione del sistema produttivo culturale
Anno 2014 (valori percentuali)
VALORE AGGIUNTO OCCUPAZIONE
pos. | provincia | incidenze% | pos. | provincia | incidenze% |
1 | Arezzo | 9.3 | 1 | Arezzo | 10.8 |
2 | Pesaro Urbino | 8.0 | 2 | Pesaro Urbino | 9.3 |
3 | Vicenza | 7.8 | 3 | Vicenza | 9.0 |
4 | Pordenone | 7.7 | 4 | Treviso | 9.0 |
5 | Treviso | 7.6 | 5 | Pordenone | 8.5 |
6 | Roma | 7.6 | 6 | Pisa | 8.3 |
7 | Macerata | 7.4 | 7 | Macerata | 8.3 |
8 | Milano | 7.0 | 8 | Firenze | 8.0 |
9 | Pisa | 6.9 | 9 | Como | 7.8 |
10 | Como | 6.9 | 10 | Milano | 7.6 |
ITALIA | 5.4 | ITALIA | 5.9 |
Fonte: elaborazioni su dati Unioncamere
Le filiere culturali e creative si confermano un pilastro del made in Italy, un sostegno importante alla nostra competitività. Tanto che nel periodo 2012/2014, quindi in piena crisi, le imprese che hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato del 3,2%, mentre tra le non investitrici il fatturato è sceso dello 0,9%. E sempre le imprese che hanno investito in creatività sono state premiate con incremento dell’export del 4,3%, al contrario chi non ha puntato su questo asset ha visto le proprie esportazioni crescere di un ben più magro 0,6%.
Prime province per incidenza di valore aggiunto e occupazione del sistema produttivo culturale
Anno 2014 (valori percentuali
Prime regioni italiane per incidenza del valore aggiunto e dell’occupazione del sistema produttivo culturale sul totale dell’economia
Anno 2014 (valori percentuali)
VALORE AGGIUNTO OCCUPAZIONE
pos. | regione | incidenza% | pos. | regione | incidenza% |
1 | Lazio | 7.0 | 1 | Marche | 7.2 |
2 | Marche | 6.6 | 2 | Veneto | 7.1 |
3 | Veneto | 6.3 | 3 | Toscana e Lazio | 6.7 |
4 | Lombardia | 6.2 | 4 | Lombardia | 6.5 |
5 | Piemonte | 5.7 | 5 | Friuli Venezia Giulia | 6.5 |
6 | Friuli Venezia Giulia | 5.7 | 6 | Piemonte | 6.1 |
ITALIA | 5.4 | ITALIA | 5.9 |
I dati – Entrando nel dettaglio dello studio, realizzato anche con il contributo di circa 40 personalità di punta nei diversi settori, alla partnership di Fondazione Fitzcarraldo e Si.Camera e con il patrocinio dei ministeri dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e dello Sviluppo Economico – emerge che dalle 443.208 imprese del sistema produttivo culturale, che rappresentano il 7,3% delle imprese nazionali, arriva il 5,4% della ricchezza prodotta in Italia: 78,6 miliardi di euro. Che arrivano ad 84 circa, equivalenti al 5,8% dell’economia nazionale, se includiamo anche istituzioni pubbliche e realtà del non profit attive nel settore della cultura. La cultura come motore dell’economia – La forza della cultura va ben oltre, grazie ad un effetto moltiplicatore pari a 1, 7 sul resto dell’economia: così per ogni euro prodotto dalla cultura, se ne attivano 1,7 in altri settori. Gli 84 miliardi, quindi, ne ‘stimolano’ altri 143. Cifre che complessivamente arrivano, come anticipato, alla soglia di 227 miliardi di euro.
Le ricadute sull’occupazione – Una ricchezza che ha effetti positivi anche sul fronte occupazione: le sole imprese del sistema produttivo culturale – ovvero industrie culturali, industrie creative, patrimonio storico artistico e architettonico, performing arts e arti visive – danno lavoro a 1,4 milioni di persone, il 5,9% del totale degli occupati in Italia. Che diventano oltre 1,5 milioni, il 6,3% del totale, se includiamo anche le realtà del pubblico e del non profit.
Ermete Realacci – “L’Italia è forte se fa l’Italia, se scommette su ciò che la rende unica e desiderata nel mondo: cultura, qualità, conoscenza, innovazione, territorio e coesione sociale – commenta il presidente della Fondazione Symbola Ermete Realacci -. Dalla crisi, infatti, non si esce con ricette del passato, ma guardando al futuro. Dalla bellezza, alla cultura alla green economy molte imprese italiane hanno già colto i segnali che ci parlano del domani e scommettono sulla cultura e la creatività per rafforzare le manifatture. Una strada intrapresa anche da Germania, Gran Bretagna e Giappone. Numeri alla mano, non solo con la cultura l’Italia mangia, ma la cultura è nel nostro dna e grazie ad essa possiamo costruire un futuro all’altezza della nostra storia. Ecco perché, come si è iniziato a fare, bisogna integrare le politiche culturali all’interno di quelle industriali e territoriali, riconoscerne e accompagnarne il ruolo da protagonista nella manifattura e nell’innovazione oltre che nel turismo. Ecco perché bisogna cogliere la straordinaria occasione offerta da una vetrina globale come Expo 2015 per dare voce alle esperienze più avanzate di questo settore e offrire al mondo uno sguardo rivolto al futuro”.
Ferreuccio Dardanello – “L’idea di cultura alla base dei lavori di Unioncamere e Symbola si fonda non solo su quell’enorme patrimonio italiano di musei, gallerie, beni culturali, festival, rappresentazioni artistiche, letteratura, cinema, ma anche sul made in Italy e sulle industrie creative, cioè su tutte quelle attività produttive che dalla cultura traggono linfa creativa”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. “L’interpretazione in chiave economica di questo inestimabile giacimento necessita di una politica nazionale che valorizzi gli intrecci tra i vari ambiti della cultura, per restituire ai settori culturali e creativi il loro giusto ruolo per l’economia dei territori e farne il cuore del modello di sviluppo economico del nostro Paese. Le Camere di commercio possono essere la rete territoriale per le politiche a sostegno della crescita delle economie locali e dei sistemi urbani, accanto al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo: una rete che si affianchi a quella delle Sovrintendenze per rafforzare le relazioni (tra privati e, soprattutto, pubblico-private) necessarie a valorizzare dal punto di vista economico la nostra enorme offerta di cultura”.
Cultura e creatività mettono il turbo al made in Italy
Inventivo per eccellenza, il sistema delle nostre industrie culturali si rivela anche reattivo, versatile, capace di tenere anche nella crisi e anzi di rispondere mettendo in campo strategie lungimiranti per agganciare la ripresa puntando sulla qualità, sull’innovazione, sulla bellezza e sulla fantasia. Ad esempio utilizzando professionalità con competenze in arti grafiche, pubblicità, design, web design, tecniche multimediali, sviluppo di software, ecc.. O ancora introducendo pratiche per stimolare la creatività come sessioni di brainstorming, lavori di gruppo interdisciplinare e interfunzionale, forme di rotazione del lavoro, incentivi ai dipendenti per lo sviluppo di nuove idee. Con risultati importanti: le imprese che nel periodo 2012/2014 hanno investito in creatività hanno visto crescere il proprio fatturato tra 2013 e 2014 del 3,2% e nello stesso periodo hanno beneficiato di un aumento dell’export del 4,3%, rispetto a una riduzione del fatturato dello 0,9% e a un contenuto aumento dell’export (+0,6%) delle altre. Tendenze confermate anche nel 2015 dall’incidenza delle imprese che investono in creatività tra le imprese esportatrici: il 48,1% delle imprese che hanno scommesso sulla creatività esportano, mentre tale quota scende al 21,6% tra quelle che negli ultimi tre anni non hanno investito in creatività.
La cultura spinge il turismo
Del totale della spesa dei turisti in Italia, 75,8 miliardi di euro nel 2014, il 37,3% (28,3 miliardi ) è legato proprio alle industrie culturali. E al richiamo della cultura, della bellezza e della qualità sono con ogni probabilità legate le ottime performance nazionali nel turismo. Se, infatti, leggiamo le statistiche in modo meno superficiale ci accorgiamo – come spiegano le ‘10 Verità sulla competitività italiana’ di Fondazione Symbola, Unioncamere, Fondazione Edison – che siamo il primo paese dell’eurozona per pernottamenti di turisti extra Ue (con 56 milioni di notti). Siamo la meta preferita dei paesi ai quali è legato il futuro del turismo mondiale: la Cina, il Brasile, il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, gli Usa e il Canada.
Cosa si intende per cultura?
Il cuore della ricerca sta nel non limitare il campo d’osservazione ai settori tradizionali della cultura e dei beni storico-artistici, ma nell’andare a guardare quanto contano cultura e creatività nel complesso delle attività economiche italiane, nei centri stile delle grandi industrie come nelle botteghe artigiane, o negli studi professionali. Attraverso la classificazione in 4 macro settori: industrie culturali propriamente dette (film, video, mass-media, videogiochi e software, musica, libri e stampa), industrie creative (architettura, comunicazione e branding, artigianato, design e produzione di stile), patrimonio storico-artistico architettonico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), e performing art e arti visive (rappresentazioni artistiche, divertimento, convegni e fiere). Al corpo centrale della ricerca, come anticipato, è stata inoltre affiancata anche un’indagine volta a valutare l’impatto degli investimenti in creatività sulle performance aziendali, da parte sia delle imprese appartenenti ai 4 macro-settori del sistema produttivo culturale, sia di quelle che svolgono attività economiche differenti ma che possono, non di meno, beneficiare dell’ibridazione con la cultura.
I settori, i trend
Alla performance del sistema produttivo culturale e creativo, sia in termini di prodotto che di occupazione, contribuiscono soprattutto le industrie culturali e le industrie creative. Dalle industrie culturali arriva infatti il 46,8% del valore aggiunto e il 39,4% degli occupati, un risultato raggiunto soprattutto grazie a videogiochi e software. Dalle industrie creative un altro consistente 46,5% di valore aggiunto e addirittura il 52,7% degli occupati, performance raggiunta grazie al contributo preponderante della produzione di beni e servizi creative driven e dell’architettura. Decisamente più bassa la quota delle performing arts e arti visive per entrambi i valori (5,3% v.a. e 6,2% occupazione) e soprattutto per le attività private collegate al patrimonio storico-artistico (1,5% e 1,7%).