Unaprol: “Oltre 443 mln di export di extravergine italiano sfuggono alle nuove tariffe”
Sono stati anche i consumatori Usa a salvare l’olio d’oliva italiano dalla scure dei dazi di Trump grazie al successo della petizione “Non tassate la nostra salute” della North American Olive Oil Association (Naooa) a difesa dell’extravergine di oliva che la stessa Food and Drug Administration statunitense (Fda) ha riconosciuto come un alimento benefico per la salute.
E’ quanto evidenzia Unaprol, l’Unione nazionale dei produttori olivicoli, nell’esprimere soddisfazione per l’esclusione dell’olio extravergine d’oliva italiano dalla black list dei nuovi dazi americani sui prodotti Made in Italy che avrebbero colpito 443 milioni di euro di export negli Stati Uniti. “Nel 2018 – spiega David Granieri, presidente nazionale di Unaprol – abbiamo portato negli USA oltre 101 milioni di litri, quasi un terzo della nostra produzione, che è in crescita dell’80% con oltre 315 milioni di chili nel 2019 dopo il crollo storico registrato lo scorso anno”.
La filiera nazionale coinvolge oltre 400 mila aziende agricole specializzate in Italia e può contare sul maggior numero di olio extravergine a denominazione in Europa (43 Dop e 4 Igp) con un patrimonio di 250 milioni di piante e 533 varietà di olive. E proprio negli Stati Uniti sono in corso iniziative di promozione dell’olio d’oliva italiano per sostenere e far conoscere agli americani il valore e la qualità del vero Made in Italy.
“La scure di Trump ha colpito prodotti che insieme all’olio rappresentano la grande varietà e ricchezza del Made in Italy negli Usa per questo – conclude Granieri – è importante intervenire subito con risorse adeguate per sostenere le imprese colpite dai dazi ed evitare la perdita di competitività sul mercato americano a vantaggio dei Paesi concorrenti aprendo la trattativa a livello comunitario e nazionale attivando al più presto forme di sostegno ai settori piu’ colpiti che stanno pagando ingiustamente la disputa sugli aiuti a Airbus e Boeing che ha originato la guerra commerciale”.