La dispersione scolastica genera emarginati nel lavoro e nella società, la Scuola e le famiglie non possono restare indifferenti
Sotto la lente i dati allarmanti dello studio Invalsi
Cominciamo almeno a parlarne di più, a scriverne di più, a interrogarci sui motivi della “disaffezione” nei confronti dello studio, di un così alto numero di giovani.
Sì, perché la formazione scolastica rappresenta anche un trampolino di lancio per il mondo del lavoro e per il “debutto” in società e se proprio queste basi vengono a mancare tutto diventa più complicato. Lo spunto questa volta arriva dalla recente analisi dell’Invalsi relativo alla dispersione scolastica.
E’ elevato il numero degli studenti che non conclude le scuole superiori e/o che arriva al diploma con un livello molto basso di conoscenze, tale da non facilitare l’accesso al lavoro o la prosecuzione degli studi. Si tratta di un 7%.
La crisi degli ultimi anni ha contribuito a peggiorare la situazione. Dal 2017 ad oggi è salita al 14 la percentuale dei giovani fra i 18 e 24 anni che ha abbandonato la scuola. La crisi economica favorisce anche una crisi di valori e un diffuso atteggiamento di sfiducia nel futuro. Dallo studio Invalsi emerge un’Italia divisa in tre macro-aree: Friuli-Venezia Giulia, Veneto e provincia di Trento si attestano attorno o sotto l’obiettivo del 10% di studenti che lasciano in anticipo la scuola; per altre regioni del Centronord la percentuale è tra il 15 e il 20; la situazione peggiore con un 25% è al sud e in particolare in Sicilia, Sardegna e Campania dove si supera anche il 30%. Siamo ben lontani dagli standard richiesti dall’Unione Europea. L’Italia, nel suo insieme, è quartultima in Europa, peggio fanno solo Romania, Malta e Spagna.
Un esercito di ragazzi che rischia di rimanere ai margini, inquadrati nella categoria Neet(Neither in Employment nor in Education or Training) di chi non ha né cerca un impiego e non frequenta una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale.
Di chi è la colpa? La “dispersione scolastica” è un fenomeno sociale…la singola scuola e il singolo docente non possono far molto, lo stesso vale per le famiglie. Ma siamo convinti (a partire da quanto osserviamo quotidianamente) che dalla forza messa in atto da ogni singolo buon esempio, da ogni divulgatore di valori e di speranza, da ogni persona per bene e ogni docente virtuoso, possa scaturire un’energia dirompente in grado di dare nuova linfa ai sogni dei ragazzi.