Il grido d’allarme di Iannarilli
L’imprenditore punta il dito contro la “burocrazia opprimente” e la promozione dell’Umbria: “all’estero non ci conoscono”
Registri da compilare, leggi da studiare, da interpretare, visite mediche per il personale, iscrizioni, scadenze, richieste per certificazioni e autorizzazioni, haccp. Sembra impossibile da credere ma questa è la ‘settimana tipo’ del titolare di un’azienda agraria. “Ti fanno arrivare allo sfinimento. Le formalità prevalgono sul risultato. Ad esempio per capire se fosse da pagare o no il contributo Conai (Consorzio nazionale imballaggi) ho dovuto perdere mezza giornata. E’ una lotta contro la burocrazia e non si capisce neanche quale sia la finalità di tutto questo”.
E’ il grido d’allarme lanciato da Ferruccio Iannarilli, quasi 50 anni e un grande amore per la propria azienda, situata a San Bartolomeo, zona montana in provincia di Terni, lungo l’asse che conduce a Spoleto. Produce soprattutto olio d’oliva con cui ha ottenuto riconoscimenti, attestati e menzioni di merito come ‘Oro giallo 2013’, ‘Oro d’Italia 2012’. Nel 2000, l’oliveto, che si estende su 40 ettari di terreno, ha ottenuto l’iscrizione alla D.o.p. Umbria ‘Colli Assisi Spoleto’. “Si tratta di una passione che ho ereditato da mio nonno – spiega – quando nel 1984 è venuto a mancare, purtroppo il terreno è rimasto per molti anni semiabbandonato, così ho deciso di risistemarlo, curarlo a dovere, fino a farlo diventare l’azienda che è oggi”. Può contare sull’aiuto di un dipendente fisso e sugli stagionali. Tuttavia l’impegno e la passione rischiano di essere soffocati “Da una burocrazia che da noi non lascia scampo. Vi basti pensare – fa notare – che io sono stato il primo a Terni ad adeguarsi alla normativa regionale per lo smaltimento dell’acqua di vegetazione (l’acqua di scarto delle olive che arriva in discarica o si utilizza come concime per il terreno)”. L’intervento è costato circa 3mila euro e anziché apprezzamenti è arrivata una denuncia da parte della Forestale: “Mi hanno contestato la pressione con cui l’acqua arriva sul terreno. Con questa storia, tra un rinvio e l’altro in tribunale, ne è nata una causa in corso dal 2011” racconta sfiduciato l’imprenditore di San Bartolomeo che comunque tiene a far notare che un po’ di sostegno arriva dalle associazioni di categoria come Coldiretti e Cia (Confederazione italiana agricoltori) per “consulenze su valutazione dei rischi, rifiuti, haccp, servizio sanitario e visite mediche”.
La produzione quest’anno è andata abbastanza bene anche se inferiore a quella dell’anno precedente. L’olio d’oliva si vende in Italia e all’estero, soprattutto in Europa. “Ma manca una cultura, una conoscenza di questo prodotto. Spesso sento dire che il gusto un po’ amaro è un difetto quando invece è indice di un olio di qualità – sottolinea – Vedo le persone al supermercato difronte agli scaffali che senza pensarci troppo, controllano i prezzi e prendono quello che costa di meno. Invece esistono tanti tipi di olio, così come i vini: uno che si accosta meglio alle carni, uno è perfetto con il pesce e così via”.
Altra nota dolente: la promozione dell’Umbria all’estero. “E’ inutile pubblicizzare il nostro olio, come olio umbro – sbotta Iannarilli – mi sono trovato a parlare all’estero con persone che non sapevano nemmeno l’esistenza di una regione chiamata Umbria. Hanno preferito gli olii d’oliva toscani e pugliesi, semplicemente perché più conosciuti”.