Negli ultimi cinque anni in Umbria hanno chiuso i battenti 1.559 imprese attive nelle costruzioni (il 12% del totale) e oltre 11mila sono stati i posti di lavoro persi
Un’indagine di Cna mostra gli effetti drammatici della crisi su tutto il comparto allargato dell’edilizia, ma analizza nel dettaglio anche gli effetti economici positivi che potrebbero derivare dall’adozione di alcune misure
Difesa del suolo, manutenzione delle infrastrutture viarie, rigenerazione dei centri storici: questi gli altri asset indicati dall’associazione, che chiede anche l’istituzione di un tavolo regionale per le Costruzioni
Investire sulla riqualificazione energetica della propria abitazione? Molto più redditizio che acquistare un tiolo di stato. È questo, insieme alle esigenze di difesa del suolo, di manutenzione delle strade e di rigenerazione dei centri storici, uno degli elementi più significativi emersi con chiarezza dall’indagine sull’andamento del mercato delle costruzioni e sulle prospettive di sviluppo del settore nella regione, realizzata dai centri studi Sintesi e Theorema per conto di Cna Umbria. Un’indagine che non si è fermata alla registrazione degli effetti drammatici della crisi su tutto il comparto allargato dell’edilizia, ma ha analizzato nel dettaglio gli effetti economici positivi che potrebbero derivare dall’adozione di alcune misure.
“Negli ultimi cinque anni – esordisce Mario Riccioni, presidente regionale di Cna Costruzioni – in Umbria abbiamo perso qualcosa come 1.559 imprese attive nelle costruzioni (il 12% del totale) e oltre 11mila posti di lavoro. A diminuire drasticamente anche il mercato degli appalti, ridotto di oltre la metà, con il dato del 2015 che addirittura supera in negativo quello del 2012 che finora era stato il peggiore. I permessi a costruire sono diminuiti addirittura del 93%. Ormai i cantieri sono di modestissima entità, piccole ristrutturazioni residenziali e poco altro. Ciò nonostante, nel 2015 l’incidenza del comparto sul Pil regionale è stata del 5,3%, superiore alla media nazionale (4,8%). Ecco perché oggi chiediamo con forza l’istituzione di un tavolo regionale sulle costruzioni, dal quale far ripartire una politica di investimenti in grado di produrre ricchezza non solo per le imprese del comparto. Abbiamo idee valide, supportate dai dati dell’indagine effettuata, che crediamo possano rappresentare la nuova frontiera del settore delle costruzioni e produrre valore per tutta la società.”
“In Umbria il 46% delle abitazioni e il 44% degli edifici appartiene alla categoria degli immobili energivori – prosegue Pasquale Trottolini, responsabile regionale di Cna Costruzioni -. Si tratta di circa 110mila costruzioni in classe energetica G, con un consumo annuo stimato pari a 175 kwh al metro quadro. Appare chiaro, quindi, come intervenire sulla riqualificazione energetica di questi immobili si tradurrebbe non solo in un beneficio in termini ambientali, ma in un risparmio concretissimo sulle bollette e in un aumento del valore commerciale dell’immobile, tali da ripagare l’investimento fatto nel giro di pochi anni. Secondo le nostre proiezioni sarebbe molto meglio che investire la stessa cifra per acquistare un buono ordinario del Tesoro”.
Accanto al miglioramento delle prestazioni energetiche degli immobili c’è anche il capitolo della riqualificazione dei centri storici.
“Noi – aggiunge Trottolini – crediamo che investire nel recupero dei borghi possa rappresentare un’occasione per rilanciare tutto il settore del turismo, inteso nella sua accezione più ampia: quindi non solo strutture ricettive, ma anche servizi, valorizzazione delle tipicità agroalimentari e artigianali, luoghi destinati ad attività creative. Per non parlare del recupero di aree dismesse o degradate nelle zone periferiche o industriali: operazioni che avrebbero anche il vantaggio di mettere in sicurezza intere zone oggi ostaggio della criminalità”.
Ma in Umbria esiste anche un problema serio legato al dissesto idrogeologico. “Circa il 9% del territorio regionale è a rischio di dissesto da frana – va avanti Trottolini -. Quanto al rischio alluvione la percentuale è del 5%, con circa 40mila edifici localizzati in queste zone. Complessivamente sono circa 90mila (l’11% della popolazione) gli umbri che vivono nei quasi 900mila km quadrati di territorio a rischio idrogeologico. Secondo le nostre stime il fabbisogno finanziario immediato per la messa in sicurezza del territorio regionale ammonta a circa 490milioni di euro, mentre nel prossimo futuro serviranno circa 1,3 miliardi di euro di investimento per la difesa del suolo”.
“Insomma – riassume Riccioni -, sono molte le cose che si possono fare, ma per farle occorre una nuova stagione di investimenti pubblici in grado di far partire una grande operazione di recupero del patrimonio edilizio esistente e di difesa del territorio. Ma serve anche una campagna di comunicazione in grado di veicolare ai cittadini i benefici diretti derivanti dagli investimenti nella riqualificazione energetica delle proprie abitazioni, che peraltro possono essere in gran parte coperti da detrazioni e incentivi fiscali. Se riusciremo a fare questo – conclude – ne guadagnerà l’intera regione”.