Tra due settimane l’entrata in vigore del decreto che metterà in trasparenza quello che i cittadini portano in tavola
L’obbligo di indicazione dell’origine in etichetta del grano per la pasta e del riso, rappresenta un provvedimento importante per le imprese agricole e per la trasparenza dell’informazione ai consumatori. È quanto sottolinea Coldiretti Umbria nel giorno in cui alla Fieragricola di Verona, sono state mostrate in anteprima le prime confezioni con l’indicazione della provenienza, a due settimane dall’entrata in vigore del decreto che metterà in trasparenza quello che i cittadini portano in tavola.
Una novità che è il risultato della guerra del grano lanciata da Coldiretti con decine di migliaia di agricoltori scesi in piazza per difendere il Granaio Italia contro l’invasione di prodotto straniero, spesso di bassa qualità e trattato con sostanze vietate nel nostro paese, e le speculazioni che hanno provocato il crollo dei prezzi del grano italiano al di sotto dei costi di produzione, con una drastica riduzione delle semine. Ma l’etichetta darà ossigeno anche ai risicoltori italiani, “assediati” dagli arrivi di prodotto straniero spesso favorito dal regime particolarmente favorevole praticato nei confronti dei Paesi Meno Avanzati (accordo EBA), che prevede la possibilità di esportare verso l’Unione Europea quantitativi illimitati di riso a dazio zero.
Un pacco di pasta imbustato in Italia su tre è fatto – ricorda Coldiretti – con grano straniero senza alcuna indicazione per i consumatori, mentre un pacco di riso su quattro venduto nel nostro paese contiene prodotto straniero.
Secondo quanto previsto dal decreto, dal 17 febbraio prossimo le confezioni di pasta secca prodotte in Italia – spiega Coldiretti – dovranno avere obbligatoriamente indicato in etichetta il nome del Paese nel quale il grano viene coltivato e quello di molitura; se proviene o è stato molito in più paesi possono essere utilizzate, a seconda dei casi, le seguenti diciture: paesi UE, paesi NON UE, paesi UE E NON UE. Inoltre, se il grano duro è coltivato almeno per il 50% in un solo Paese, come ad esempio l’Italia, si potrà usare la dicitura: “Italia e altri Paesi UE e/o non UE”.
L’indicazione in etichetta dell’origine per il riso scatta il 16 febbraio e deve riportare le diciture “Paese di coltivazione del riso”, “Paese di lavorazione” e “Paese di confezionamento”. Qualora le fasi di coltivazione, lavorazione e confezionamento del riso avvengano nello stesso Paese, può essere recata in etichetta la dicitura “origine del riso”, seguita dal nome del Paese. In caso di riso coltivato o lavorato in più Paesi, possono essere utilizzate le diciture “UE”, “non UE”, ed “UE e non UE”.
Resta ancora da etichettare con l’indicazione dell’origine – conclude Coldiretti – 1/4 della spesa alimentare degli italiani dai salumi ai succhi di frutta, dalle confetture al pane, fino alla carne di coniglio.