È dedicata alla terza età ma ‘pungola’ anche i più giovani la Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio) di Vittorino Andreoli
Psichiatra e saggista, in questa sua opera, Andreoli spiega, anzi, sottolinea con forza che “Un uomo senza fragilità perché la dimentica avrebbe bisogno di guarire andando a trovare un vecchio, un saggio della fragilità”
ECCONE UN BREVE ESTRATTO
“Credo che il riconoscimento della funzione sociale del vecchio, dentro la dimensione dell’affettività, sia il fondamento per poter anche ricevere ciò di cui abbiamo bisogno. La visione dell’Homo faber, in una società industrializzata e fondata sul profitto, porta a dare valore esclusivo alle operazioni produttive, come forza trainante della società. Si tratta di un grossolano e persistente errore.
Nel dedicare l’impegno esclusivamente alle occupazioni produttive e a un benessere economico via via maggiore, si perde forza affettiva, si incrementano i conflitti nella coppia, producendo padri assenti e madri ambivalenti, con comportamenti dei figli che considerano la famiglia non un luogo degli affetti, ma semplicemente uno spazio abitativo.
Sono consapevole che questo tema esiga una più ampia analisi, ma è indubbio che l’Homo faber deve ritrovare un equilibrio con i bisogni di affetto, che non sono più quelli solo del singolo, ma dell’insieme familiare.
Semplificando, si può dire che la vita sociale si lega alla percezione dell’altro, il che significa seguire il principio del “sentire”, che non si valuta con gli oggetti, ma con il “ben d’essere”.
Brano tratto da Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio) di Vittorino Andreoli, ed. Solferino