Si scrive innovazione, si legge digitalizzazione… insomma l’una chiama l’altra. Nessun settore è escluso.
In questo nuovo scenario un ruolo da protagonista è quello svolto dai cosiddetti nativi digitali, ossia coloro che non si sono dovuti sforzare troppo per “capire” le nuove tecnologie in quanto fin da piccolissimi hanno avuto la possibilità di “utilizzarle” giocarci e incontrarle quotidianamente alle stregua di un parente prossimo (mamma, papà, fratelli, ecc.).
Sarebbero proprio le Pmi guidate da persone nate dopo il 1985 (è questo l’anno che, secondo lo scrittore statunitense Marc Prensky, segnerebbe ufficialmente l’inizio di questa nuova generazione cresciuta a pane e nuove tecnologie, a partire dall’uso del pc) a scorgere le potenzialità fornite dalle innovazioni tecnologiche per migliorare il proprio business.
A cosa si pensa quando si decide di far crescere la propria attività?
Ecco i principali obiettivi: modernizzare l’organizzazione del lavoro, mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici e forme di flessibilità del lavoro, tra cui il telelavoro; sviluppare soluzioni di e-commerce; fruire della connettività a banda larga e ultralarga o del collegamento alla rete internet mediante la tecnologia satellitare; realizzare interventi di formazione qualificata del personale nel campo Ict e molto altro ancora.
Il discorso è molto ampio. Sì, perché non basta essere scresciuti ad esempio con i social per essere esperti di campagne marketing sul web ecc. ma di certo il punto di vista cambia e la spinta all’innovazione, alla crescita e al cambiamento potrà essere più spiccata quando a capo di un azienda si trova una manager con una mentalità da nativo digitale. L’innovazione ha più libertà di movimento.
Nella recente ricerca condotta dalla scuola dell’innovazione di Talent Garden emergono dati in tal senso emblematici. Nel 2017, l’86% dell’aziende ha investito in innovazione digitale e riservare maggiori risorse a quest’ambito sono state le realtà più giovani (il 53%) a differenza delle aziende presenti sul mercato dal circa 25 anni.
Cloud computing; internet of things; blockchain; machine learning, saranno queste le tecnologie su cui nei prossimi anni le Pmi investiranno maggiormente mentre tra i profili ricercati si staglieranno: i digital marketing specialist, digital officer e i data analyst.
L’ultimo rapporto Mecspe mostra quasi il 50% delle Pmi parzialmente digitalizzate, circa il 40% che lo sono interamente e un 10% che può contare su pochi elementi di innovazione. Molti sono ancora frenati dalla difficoltà di affrontare la spesa iniziale anche se sono ormai evidenti i vantaggi che deriverebbero da investimenti di questo tipo: apertura ai mercati internazionali, diminuzione dei costi e aumento del fatturato.